L’agricoltura sociale è quel particolare ambito delle attività svolte dalle imprese agricole finalizzate a migliorare il benessere della società. La Legge Quadro n. 141/2015 “Disposizioni in materia di agricoltura sociale” individua un ampio ventaglio di pratiche e attività “sociali” che possono spaziare dal settore della salute (cura e riabilitazione) al reinserimento lavorativo di fasce deboli, dall’accoglienza di persone con esigenze specifiche a opportunità per il tempo libero, o in quello dell’educazione ambientale ed alimentare.
Per le imprese agricole la scelta di un qualsiasi percorso di questo tipo richiede l’assunzione di una nuova consapevolezza delle proprie responsabilità per il bene pubblico.
Ciò non significa che le imprese debbano essere spinte solo da fini mutualistici, anzi, questi percorsi possono generare benefici in termini di valore relazionale e di reputazione leve su cui puntare per una maggiore competitività anche sui mercati tradizionali. Queste diversificazioni, infatti, offrono l’opportunità di una integrazione del reddito aziendale e, parallelamente, migliorano la percezione del sistema di valori dell’impresa stessa nei consumatori, consentendo di intercettare nuovi segmenti di mercato.
In concreto avviare queste attività richiede un’attenta valutazione rispetto a investimenti materiali e immateriali necessari, competenze e professionalità appropriate e, non meno importante, una comunicazione strategica sui valori acquisiti. Ma se vogliamo assicurare un reale valore aggiunto al benessere della comunità è importante ripensare il proprio modello di impresa, non solo in termini di modifiche o integrazioni del processo produttivo in essere ma anche nella propria visione strategica.
In altri termini, le imprese facendosi interpreti delle funzioni sociali dell’agricoltura, intese come contributo alla salute, opportunità lavorative, superamento della povertà, tutela dei caratteri identitari del territorio, vitalità e sostegno delle aree interne, protezione dell’ambiente e lotta ai cambiamenti climatici, possono divenire front runner in processi innovativi per uno sviluppo territoriale sostenibile.
Le imprese agricole devono essere espressione di una New Food Culture, un nuovo paradigma per il quale si produce “cibo” tenendo conto simultaneamente di tutte le istanze della società e in particolare di un sistema locale. In tale ottica, si rende necessario assumere un approccio non segmentato alle proprie attività, coniugando obiettivi economici con la tutela del territorio, della salute, dei particular stakeholder e dell’ambiente.
Le imprese che assumono questa New Food Culture potranno avviare una diversificazione in campo sociale, puntando su un’azione di advocacy sulle interdipendenze tra Cibo e Società attraverso un approccio sistemico, attento a promuovere gli effetti su: povertà alimentare, salute, identità territoriale, ambiente, particular stakeholder, occupazione. Lavorare sulla consapevolezza delle relazioni tra Cibo e Società può determinare un processo di innovazione sociale, stimolando un cambiamento negli stili di vita e di consumo, ossia, l’auspicato cambiamento da una logica di “consumare di più, pagare di meno” del Consumatore-Cliente, a quella di “consumare meglio, essere felici” del Consumatore-Cittadino. Ciò potrà avere effetti positivi anche nei mercati tradizionali, consentendo di spostare la sfida competitiva dei prodotti agroalimentari da elementi di tipo “price” al valore “qualità” ampiamente inteso.
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